Le 3 sfide del Remote worker

Con la diffusione del coronavirus e con la pandemia COVID19 abbiamo fatto tutti esercizio di adattamento e flessibilità. Al tempo sospeso dell’isolamento si è aggiunta l’incertezza e la vulnerabilità del distanziamento sociale. Per i sociologi stiamo vivendo un momento veramente interessante in cui la palla viene rimessa al centro e tutti noi siamo chiamati a fare, scoprendo qualità sopite e mettendo a fuoco alcune lacune da colmare in termini di skill e competenze.

Secondo una ricerca della piattaforma Infojobs:

  •  il 71% delle persone si dichiara interessato a lavorare in modalità smart per un paio di giorni a settimana,

  • il 16% vorrebbe continuare solo in modalità remota salutando la scrivania definitivamente

  • il 13% non vede l’ora di riappropriarsi dello spazio fisico aziendale abbandonando questa modalità delocalizzata e policentrica.

Volenti o nolenti, dovremo allenarci a fare nostro il nuovo mindset che ci permetterà di orientarci e navigare il “new normal” affrontando una serie di sfide indotte dalla nuovo modo di lavorare delle nostre organizzazioni.  Scopriamo insieme le principali:

1. COMUNICAZIONE A BASSO IMPATTO

La comunicazione face-to face è considerata quella più impattante, quella attraverso cui è possibile raccogliere il maggior numero di informazioni grazie anche alla parte non verbale del flusso comunicativo. Con il lavoro remoto la comunicazione avviene prevalentemente tramite applicazioni di messaggistica (chat) e messaggi mail. Si tratta di uno scambio asincrono perché non necessariamente le conversazioni avvengono in tempo reale come accade nello svolgimento delle relazioni negli spazi fisici.

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In questi mesi le aziende che sono riuscite a mantenere chiarezza e consistenza nella propria comunicazione sono quelle in cui i leader hanno utilizzato il format “meeting online” per trasferire le comunicazioni organizzative mostrandosi in video e ricercando un contatto con le persone.

Nella cassetta degli attrezzi abbiamo canali e strumenti differenti. Per trovare soluzione a questa prima sfida è necessario individuare i contesti e abbinarli allo strumento e al canale più efficace. Sicuramente utilizzare il video, agevolando un contatto visivo, durante i momenti di comunicazione e collaborazione aiuta a rendere la comunicazione più consistente e migliora le relazioni in remoto. In caso di team siano geograficamente distribuiti e con fusi orari differenti il video messaggio registrato può essere una valida opzione per rendere più impattante la distribuzione di comunicazioni organizzative o la condivisione di obiettivi, in alternativa alle comunicazioni via mail.

Tips: stabilire un template, uno stile di comunicazione in linea con quello adottato internamente, produrre videomessaggi rispettando la qualità della registrazione.

2. LA SINDROME DELLA RIUNIONE ESSENZIALE

Questa seconda sfida in qualche modo è collegata e conseguente alla precedente. Per aumentare la comunicazione face-to-face nei team in remoto si (sopra)compensa pianificando un numero elevato di riunioni: meeting virtuali, video conference e conference call. Non a caso si è parlato di “zoom fatigue” ossia di stress da web meeting. Quando ha senso mettere in agenda una riunione? Quando il tempo è utile a condividere le conoscenze, il progress dei progetti o a partecipare al processo decisionale. Se ci sorprendiamo ad organizzare una riunione solo per vedere il team, stiamo organizzando una riunione superflua.

Come possiamo acquisire consapevolezza rispetto all’utilità e alla produttività? Quando sentiamo la necessità di inviare un’invitation, soffermiamoci sull’ordine del giorno: argomenti sufficienti? Argomenti che non possono essere risolti altrimenti? In alternativa potremmo chiederci: questa riunione può diventare un’e-mail? Uno scambio in chat di progetto? Una task sulla app di task management?

Un’altra soluzione a questo “sfida” consiste nello stabilire un giorno a settimana o una fascia oraria in cui non è possibile organizzare meeting permettendo così alle persone di concentrarsi sull’avanzamento delle proprie attività.

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Inoltre è possibile anche stabilire un numero massimo di ore da investire in riunione o la durata delle diverse tipologie: un progress settimanale all’interno del team non dovrebbe andare oltre i 30 minuti, una sessione di brain storming per affrontare un nuovo progetto come la condivisione di un report di analytics dovrebbe stare nei 60 minuti, un aggiornamento con il team del partner o cliente dovrebbe essere contenuto nei 45 minuti.

Semplici regole che spingeranno i partecipanti più coinvolti, attenti e motivati ad usare il tempo a disposizione, incidendo sulla produttività reciproca. È bene includere in ciascun meeting un momento “formale” in cui fare domande o condividere delle riflessioni per evitare di trascinarsi nella riunione successiva temi non risolti.

Infine va chiarito che durante la giornata i singoli membri del team sono liberi di sentirsi e di confrontarsi: darsi delle regole aiuta a semplificare l’organizzazione dei flussi collaborativi, non ad ingessarli!

3. LA CONOSCENZA ALLA DERIVA!

Nei team che collaborano in remoto si rischia di diradare la condivisione di informazioni informali che circolano con maggiore facilità negli spazi fisici, tra il distributore dell’acqua e la macchinetta del caffè o in una pausa pranzo. Questi momenti spesso aiutano a generare nuove idee o a mettere a fuoco un nuovo approccio ascoltando colleghi e collaboratori commentare le proprie esperienze.

Con lo smart working queste opportunità casuali si perdono ma non è impossibile replicare queste dinamiche. Ad esempio, attraverso una chat in cui decidiamo di condividere aneddoti e buone pratiche, spingendo il team ad alimentare il tutto con le proprie riflessioni e con le proprie esperienze. Viviamo questa chat come fosse il p.s. di un messaggio mail in cui raccomandiamo la visione di un video o la lettura di un articolo. Usiamo per questo tipo di chat un nome informale che ne renda subito evidente la natura e in cui tutti si sentano di avviare delle conversazioni come farebbero durante una pausa in ufficio.

Questi scambi non strutturati possono aiutare a far emergere idee ma anche umori che rimarrebbero, nella modalità in remoto, inespressi.