Smart Working, tra orgoglio e pregiudizio

Per voi Wuhan è più vicina a New York o a Francoforte o a Londra?  

L’approccio “analogico” ci porta a rispondere a questa domanda ragionando in termini di km o miglia, l’approccio globale dovrebbe portarci a riflettere sulle possibilità di connessione e mobilità nell’era post-digitale, come mostrato in questa visualizzazione a cura di Dirk Brockmann della “Humboldt-Universität zu Berlin” utilizzata in questo articolo da Fortune per mettere a fuoco la dinamica del contagio.

Proviamo a continuare con questo esercizio e rispondiamo ad una seconda domanda: possiamo nell’era post digitale considerare sinonimi il telelavoro e lo smart working?

Il telelavoro non è lavoro intelligente. Alzarsi, collegarsi al gestionale e aprire la posta non significa lavorare in modalità agile. Lavorare da casa anzichè dall’ufficio non è condizione sufficiente. È un primo passo che può indurre a velocizzare certe scelte e certi processi di trasformazione. Fare smart working presuppone un approccio sistemico, implica formazione e tanta comunicazione interna.

Con “L’atlante delle emozioni” Tiffany Watt Smith ha provato a inventariare le emozioni umane ed è arrivata a catalogarne circa 160. La settimana che sta per concludersi è una settimana in cui di emozioni, volenti o nolenti, ne abbiamo sperimentate attraversando psicosi collettive e infodemia intorno al tema “Coronavirus e contenimento del contagio”. È stata anche la settimana del trionfo del telelavoro, suggerita ad esempio anche dalla virologa Ilaria Capua.

Le Aziende, per preservare le proprie persone da un potenziale contagio, per continuare a mettere il cliente al centro ma anche per coadiuvare le istituzioni nel dare applicazione alle procedure per i comuni delle zone rosse, hanno attivato la modalità di lavoro da remoto, facilitate da delle norme valide sino al prossimo 15 marzo. Un gigantesco esperimento di telelavoro anche nei contesti organizzativi in cui non era in essere alcuna policy, nelle realtà prive di accordi. Di necessità si è fatta virtù: in alcune aziende si è stati sorpresi da questa possibilità come dal modo in cui le persone l’hanno accolta.

Ma in tanti hanno anche espresso la propria contrarietà con argomentazioni che possono essere raggruppate i queste macro-famiglie:

  • Senso di isolamento e solitudine

  • Difficoltà nel disconnettersi

  • Carenze in termini di connessione e strumenti

  • Moltiplicazione delle distrazioni a casa

Tutte motivazioni che possono contenere un fondo di verità e legate ad un‘idea sorpassata di lavoro da remoto. Tutte queste motivazioni si risolvono con l’adozione di una nuova mentalità (e pensando che in ufficio la concentrazione si recupera in 15 minuti dopo ogni interruzione!). Il digitale e la tecnologia hanno cambiato il modo in cui viviamo le relazioni ed il modo in cui lavoriamo grazie a strumenti collaborativi nuovi. In questo contesto però, ancora una volta, il tema più rilevante è quello legato alla consapevolezza e alla cultura del lavoro. 

Lavorare in modo intelligente prevede anche delle regole. Ma soprattutto significa abbandonare alcuni falsi miti  in cui troviamo conforto: la presenza fisica in ufficio non è garanzia di produttività, non basta un biliardino per rendere gli spazi fisici piacevoli e vivibili, non è l’intranet a garantirci engagement e motivazione. E i progetti non avanzano a suon di riunioni-fiume o war room allestite.

COVID-19 è la sindrome scatenata da un virus passato dall’animale all’essere umano tramite uno “spillover”, ovvero un salto di specie. Originatosi in Cina, nella ormai nota Wuhan, è arrivato in Europa facilmente per effetto della globalizzazione di cui parliamo tutti i giorni e con cui iniziamo seriamente a confrontarci. 

Oggi le organizzazioni devono fare un salto, devono dare prova di intelligenza collettiva. Il fattore umano e le condizioni per farlo emergere stanno alla base del cambiamento di paradigma che ci condurrà ad una nuova produttività generando anche un impatto positivo sull’ambiente e sull’uso delle risorse disponibili. Perchè mentre nelle zone rosse il termometro segnalava una temperatura corporea in alcuni casi superiore ai 39,7°, nell’Antartide si registra una temperatura ambientale intorno ai 20° e uno scioglimento di 10 cm di neve in una sola settimana.

Noi italiani abbiamo avuto delle conferme: siamo il paese delle tifoserie, delle curve che si contrappongono lasciando a casa la razionalità e la cultura scientifica di cui molta stampa e molte figure decisionali hanno mostrato una certa lacuna proprio in queste ore; un popolo di naviganti, poeti ma anche di esperti virologi del lunedì e comunicatori pubblici del tempo libero! Chissà se diventeremo anche un popolo di veri smart worker abbracciando un mindset digitale e globale puntando sulla responsabilità e la fiducia.

La policy di smart working va debitamente promossa e condivisa all’interno dell’organizzazione, supportata con un percorso di formazione e comunicazione per avere la certezza di avere tutti (soddisfatti) a bordo.

P.S Se state leggendo questo post in una delle vostre giornate smart abbiamo la playlist che fa per voi. È condivisa e potrete aggiungere i vostri brani “agile mood”: https://open.spotify.com/playlist/0agOqeTnyTrO1fOgcwFdEK?si=2dTY-TdyTfmo4yjKfKQx2Q